Dei quattro giochi da tavola degli antichi romani solo di tre si conosce il nome: «Ludus duedecim scripta», «Alea», «Ludus Latrunculorum». Il quarto gioco con il nome sconosciuto è stato trovato durante le ricerche archeologiche svolte nell'Africa del nord.
Il gioco «Duodecim scripta» consisteva nel sorpassare le pedine dell'avversario, si giocava adoperando la scacchiera 3x12, e ognuno dei giocatori aveva 15 pedine. Due o più pedine potevano occupare la stessa casella e in tal caso non potevano essere prese. Queste pedine si chiamavano «ordinari» mentre le pedine che si trovavano da sole sulle caselle si chiamavano «vaghi».
Il gioco «Alea», conosciuto dopo con il nome di «Tabula», era una variazione
del gioco «Duodecim scripta».
Nell'uno e nell'altro gioco si presuppone che il movimento delle pedine
fosse determinato dal tiro di dado.
Questi due giochi sono prototipi del «tric-trac», gioco molto diffuso nel
Medioevo.
Il tric-trac ebbe molta diffusione nell'est europeo (Russia meridionale,
Turchia, Bulgaria) e più recentemente si è diffuso anche in
America e in Europa.
Il «Ludus Latrunculorum» è un gioco puramente intellettuale, senza dado e senza ombra di azzardo. Marco Terrenzio Varrone (116-27 a.C.) per primo menziona questo gioco. La damiere destinate a questo gioco con le caselle sono state trovate durante degli scavi in Inghilterra. Da queste damiere risulta che una grandezza esatta, prestabilita, non esisteva. Secondo il Murray veniva di solito adottata la damiera 8x8.
Nel 1869 Luis Bek de Fukier riteneva che la damiera fosse composta da
caselle bianche e nere, però il suo parere rimase isolato e non venne
condiviso da nessun altro.
Dal materiale rinvenuto, dagli scavi, risulta che le pedine per il «Ludus
Latrunculorum» erano tutte uguali.
Come nel gioco dell'antica Grecia «Petteia», una pedina, circondata dalle
pedine dell'avversario, si perdeva (veniva presa).
Marco Valerio Marziolo (40-102 d.C.) descrive nel suo «Epigramma» questo modo
per eliminare la pedina.
Anche Publio Ovidio Nasone (40 a.C. - 18 d.C.) nei suoi «Ars Amandi» e
«Tristezze» descrive in versi non solo il modo per eliminare le pedine, ma
anche le regole dei loro movimenti rettilinei e la non obbligatorietà
nella presa.
Nella poesia anonima «Laus Pisonis» (circa 50 d.C.) si narra del romano Caio
Calpurnio Pisone artista e ottimo giocatore di «Latrunculorum».
La strategia di questo gioco così viene ricostruita da Ostin sulla
rivista «La Grecia e Roma» nel 1934:
«Il principio molto importante del gioco era la manovra delle
figure fatta in modo che esse formassero un gruppo molto legato.
La pedina isolata dal resto e circondata dall'avversario metteva in
pericolo se stessa e tutte le altre figure dello stesso colore. |
Questa descrizione è molto accurata e si può adattare
anche al gioco greco «petteia», formando così un quadro abbastanza
esatto di come erano i due antichi giochi.
Nel 400 d.C. troviamo ancora un accenno fatto dal Macrobio nei suoi «Saturnali».
Egli scrive:
«Tanti romani hanno celebrato le feste in onore di Saturno giocando a
«Latrunculorum» e ad «Abac» (gioco d'azzardo con i dadi)».
Sommando tutto quello che si conosce dei giochi «Petteia» e
«Latrunculorum» si può affermare attendibilmente che i due
giochi erano identici e che le loro regole erano le seguenti:
L'ampio raggio di azione delle pedine e la mancanza d'importanza della direzione degli spostamenti eliminavano la necessità dell'arrivo della pedina alla ultima linea della damiera.