Esaminiamo più dettagliatamente le fonti letterarie medioevali che ci permettono di determinare il periodo esatto in cui iniziò il gioco della dama propriamente detto.
Il gioco viene menzionato esattamente come «Jeu de dame» nel poema inglese
«Sir Farumbras» (del 1380).
Il manoscritto di questo poema è conservato in una biblioteca di
Oxford ed esiste una edizione tipografica fatta nel 1879.
Il poema in questione comunque non è una produzione originale, si
tratta certamente di una rielaborazione del testo francese di una canzone
di cavalieri intitolata «Fierabras» e risalente al 1170 circa.
Il testo originale di questa canzone è stato pubblicato a Parigi
nel 1860 nella raccolta «Antica poesia francese».
Nel testo francese l'autore descrive una serie di divertimenti dell'epoca e
due giochi: gli scacchi ed il tric-trac.
Nel testo inglese invece si trova menzionato anche il nome di un terzo gioco,
appunto il «Jeu de dame».
Il fatto che il traduttore, pur conoscendo bene la lingua ed i costumi della
Francia, usi l'espressione francese nel testo inglese sta a dimostrare che,
al momento della traduzione, in Inghilterra la dama non era ancora diffusa.
Infatti la parola «dame» non ha niente in comune con i termini inglesi che
indicano la dama e gli scacchi.
Un'altra canzone di cavalieri francese (Romanzo di Troia) di Benois de
Saint-Mor ebbe una versione inglese con il titolo «Caduta di Troia».
Questa versione è attribuita ad un poeta scozzese vissuto negli
anni 1320-1330.
Questa canzone fu tradotta anche in tardo latino nel 1287 da Guido da
Colonna.
In tutti questi testi si parla, fra l'altro, del gioco del tric-trac.
Ma in una versione inglese del 1440 della «Caduta di Troia» viene usato per
la prima volta il termine «draughtes» al posto di tric-trac.
In questo caso I'interpretazione del traduttore si rivela utile agli storici.
La parola «draughtes» si incontra anche prima nel poema «Il libro della
duchessa» scritto nel 1369 da Giuffredo Chauser (1343-1400).
In questo poema si narra la storia di un cavaliere che si è messo a
giocare con una dama labile e frivola: la Fortuna.
Il gioco viene chiamato da Chauser scacchi (the chesse), ma le figure
«pedine» (draughtes), anche se subito dopo viene usato il termine «fers»
(la Donna nella terminologia medioevale inglese).
Questa confusione di termini scacchistici e damistici era frequente anche nei testi francesi, particolarmente nel XII-XIII secolo. Il fatto si spiega facilmente. Come sappiamo il termine «Dama» deriva dagli scacchi e per un certo periodo fu usato nella terminologia di tutti e due i giochi.
Passiamo ora alle fonti arabe.
Nel manoscritto di Abul-Facht (1251) si nomina il gioco «Farisia» molto
diffuso fra gli europei e da essi chiamato «la regina dei giochi».
Secondo Abul-Facht questo gioco era «simile» agli scacchi.
Lo storico Van der Linde nel suo «La storia degli scacchi» del 1881
così commenta le parole di Abul-Facht:
«Gli arabi non conoscevano la dama e non esisteva nella loro lingua una
parola corrispondente esattamente.
Perciò Abul-Facht, siccome gli europei chiamavano il gioco con la
parola che indicava la regina negli scacchi (dama), ha seguito questa
strada anche in arabo creando il termine farisia».
Chi erano questi «europei» di cui si parla nel manoscritto arabo?
Si presuppone che non fossero gli spagnoli.
Come sappiamo dal «Codice Alfonsino» la parola «dama» non era ancora usata
in quel periodo in Spagna (si comincerà ad usarla solo molto più
tardi, all'inizio del XVI secolo).
Sulla base dei documenti e dal confronto delle fonti letterarie sembra
possibile che la dama sia apparsa nel sud della Francia nel secolo Xl.
Nel Xll secolo si è diffusa in tutto il territorio francese e nel
Xlll e XIV secolo ha proseguito la sua espansione nelle Fiandre e in
Inghilterra.
Le regole del gioco della dama francese e inglese di quel periodo erano
diverse da quelle attuali.
Le pedine potevano prendere solo in avanti e la dama poteva spostarsi di
una sola casella per volta
[L'autore ha presente le regole della dama russa, francese e spagnola in
cui le pedine prendono anche all'indietro e le dame hanno il movimento
lungo - N.d.T.].
La presa non era obbligatoria e questo rendeva il gioco povero di contenuti
e di combinazioni.
L'introduzione della presa obbligatoria costituì una vera e propria
rivoluzione nel gioco della dama, ma essa non fu adottata contemporaneamente
dappertutto.
Per un lungo periodo coesisterono due varianti del gioco: con presa
obbligatoria e senza.
La variante senza presa obbligatoria, non arrivata fino a noi, si chiamava
«dama».
La variante più moderna si chiamava «forsé» o anche
«forsà» in francese e «perfors» in inglese.
La nuova regola si stabilì lentamente nel processo di sviluppo e di
studio delle possibilità contenute nel gioco.
È interessante notare che anche gli scacchi attraversarono una fase di
questo tipo durante il loro primo periodo europeo.
Nel già ricordato «Codice Alfonsino» (1823) si descrive un gioco di
origine araba chiamato «forsado».
Questo gioco non era altro che gli scacchi con la presa obbligatoria.
Nella dama per lungo tempo la presa obbligatoria non rappresentava solo la
presa vera e propria, ma anche la multa di una pedina (soffio) per il
rifiuto di presa.
Questa regola sopravvisse più a lungo in Inghilterra.
François Rabelais (1494-1553) nella sua «Vita di Gargantua e
Pantagruel» descrive due forme di gioco: «dama» e «forsé».
Nel libro di Pierre Malle «Gioco di dama» (Parigi 1668) si dice:
«Bisogna distinguere due varianti del gioco di dama, la prima si chiama
forsà e la seconda plesan».
Qui per la prima volta la dama con la presa obbligatoria viene messa al
primo posto e la vecchia variante non viene chiamata «la dama», ma solamente
una variante del gioco e riceve anche un nome specifico che, insieme alla
variante stessa, verrà presto dimenticato.
Il primo paese ad adottare le moderne regole di presa fu la Spagna.
La dama venne introdotta in Spagna relativamente tardi (XVI secolo) e gli
spagnoli non conoscevano ad esempio la regola della multa (soffio).
I primi libri spagnoli del gioco, oltre a indicazioni sulle aperture e
analisi di partite, comprendevano anche finali e problemi costruiti
sulla base della presa obbligatoria.
In quel periodo la pedina poteva prendere solo in avanti e, se c'erano
possibilità diverse di presa bisognava scegliere quella dove si
eliminava il maggior numero di pezzi.
La pedina che giungeva a dama non poteva, come adesso, operare
immediatamente come dama [N.d.T.: nella dama russa e spagnola di
oggi la pedina che diventa dama opera come tale immediatamente,
senza attendere la mossa seguente dell'avversario].
La variante spagnola della dama (giocata sulla scacchiera) si diffuse
rapidamente in tutto il mondo.
Fu adottata in Africa, in Argentina, nelle Filippine, a Cuba e nelle Hawai.
Però non sempre le regole erano identiche.
In conclusione la dama si affermò nel corso del XV secolo
reggendo molto bene la concorrenza con gli scacchi, il tric-trac ed i
giochi di carte.
Tutti i giochi in quell'epoca erano di azzardo.
La dama e gli scacchi non si prestavano molto alle scommesse ed hanno dovuto
sostenere una notevole concorrenza per affermarsi.
Un'idea di queste difficoltà si può ricavare da un informatore
francese sui vari giochi del 1654.
In esso si legge:
«Senz'altro la dama e gli scacchi sono giochi leciti e diffusi, anche se
richiedono molto impegno e poca fantasia.
Essi non possono comunque paragonarsi al tric-trac che è un grande
gioco nobile, attivo, spirituale e pieno di movimento».
Nonostante tutto, grazie al loro profondo contenuto intellettuale e alla
loro ricchezza, la dama e gli scacchi sono restati e continuano a fiorire
ancora oggi, mentre il tric-trac è ormai caduto in disuso in molti
paesi.